IN DATA 24 MAGGIO 2018 IL TRIBUNALE DI COMO OMOLOGA UN’INTERESSANTE DECISIONE SULLA POSSIBILITA’ DURATA DEL PIANO DEL CONSUMATORE -VALUTAZIONE DA OPERARSI DAL TRIBUNALE ,IN SEDE DI OMOLOGAZIONE , TENENDO CONTO DELLA SPECIFICA PARTICOLARE SITUAZIONE .

 

Il piano del consumatore si fonda in buona sostanza su una proposta dilazione del credito residuo ancora vantato dalla Banca Popolare di Sondrio per l’acquisto diimmobile destinato ad abitazione principale del debitore, con una rateazione di 20 anni, offrendo ai creditori il pagamento della complessiva somma di euro 125 mila, quale capitale residuo con tasso di interesse fisso del 2,30% annuo, e con una rata mensilecostante d euro 650,27, a fronte del valore stimato dell’immobile, già oggetto diprocedura esecutiva immobiliare, di euro 125.108,00 (con prezzo base stimato per il primo esperimento di vendita, applicata la riduzione forfetaria del 15%, in euro 106.341,80). E solo in subordine, sulla cessione del predetto bene.

La banca si è opposta alla omologa del piano lamentando essenzialmente la irragionevole durata della procedura, articolata in 20 anni.

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Sussistono i presupposti per omologare il piano del consumatore proposto.
La proposta prevede il pagamento dilazionato delle principali esposizioni debitorie riguardanti un numero davvero minimo di creditori, e precisamente:

  • –  Banca Popolare di Sondrio, che vanta un credito da residuo mutuo fondiario con garanzia ipotecaria di primo grado stipulato in data 19.07.2007, di originari 170.000 euro oltre interessi, dilazionato in euro 650,27 al mese, come da proposta;
  • –  Regione Lombardia, che vanta un credito euro 708,58 per tasse automobilistiche relativo ad autoveicolo non più nella disponibilità del debitore;Solo la Banca ha formulato opposizione evidenziando la eccessiva durata della dilazione, articolata in 20 anni.
    L’assunto non è condivisibile.
    Da un lato, va considerato che il mutuo in questione fu contratto nel luglio 2007 e che è rimasta incontestata, oltre che provata per tabulas, la circostanza che il debitore abbia regolarmente adempiuto al pagamento delle rate originariamente convenute conl’istituto di credito per i primi cinque anni, omettendo di pagarle con regolarità negli anni successivi per le sopravvenute difficoltà lavorative e personali, pure documentate: la prospettata durata risulta dunque pienamente compatibile con la natura giuridica del rapporto negoziale sottostante (mutuo fondiario), vale a dire un rapporto negoziale la cui intrinseca ed ontologica caratteristica è proprio la lunga durata (che secondo la prassi bancaria raggiunge tempistiche anche di molto superiori a quelle indicate nel piano del consumatore in esame).

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Dall’altro lato, non si può nemmeno non considerare che il debitore ha offerto al creditore l’esatto valore del credito residuo ancora vantato dall’istituto di credito (125mila euro, oltre interessi al 2,30%), ed addirittura una somma presumibilmente superiore a quella in ipotesi ritraibile dalla procedura esecutiva (anche in caso di vendita al primo esperimento, fissato al prezzo base di perizia di euro 106.341,80), atteso che costituisce ormai un fatto notoriamente apprezzabile in termini statistici quello che gli utenti che si indirizzano verso il mercato delle vendite esecutiveimmobiliari usufruisce in maniera massiva della facoltà prevista dalla legge all’art. 571,II co. c.p.c., di offrire un corrispettivo ridotto fino ad un quarto rispetto al prezzo base, quale offerta minima ammissibile.

Senza considerare che in caso di allocazione sul mercato dell’immobile non al primoesperimento di vendita, ma, secondo il dato statistico medio delle procedure esecutive immobiliari registrato presso la sezione esecuzioni immobiliari del Tribunale di Como,negli esperimenti di vendita successivi, il valore di realizzo dell’immobile sarebbe insufficiente a garantire il soddisfacimento dell’intero credito, che invece nella propostadi piano del consumatore, è assicurato.

Diviene pertanto nel caso di specie non appagante, e dannoso per gli stessi interessi deicreditori, dilungarsi sull’attuale dibattito giurisprudenziale in ordine alla individuazionein astratto di un termine assoluto, da individuare quale parametro fisso rispetto al quale vagliare la meritevolezza delle procedure di sovraindebitamento, dovendosi invece preferire una ponderata valutazione sulla singola fattispecie.

In assenza di un univoco dato normativo che stabilisca in maniera chiara il perimetro temporale nel quale si debbono snodare le procedure di sovraindebitamento non può

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che supplire la interpretazione giurisprudenziale del dato normativo, che presuppone, muovendosi nel tracciato dei principi di rango costituzionale, il bilanciamento di contrapposti interessi di rango costituzionale (la ragionevole durata dei procedimenti nonché la effettività della tutela giurisdizionale).

Orbene sul punto, si fronteggiano allo stato due contrapposti orientamenti giurisprudenziali, il primo che, nell’ammettere procedure di sovraindebitamento didurata anche assai rilevante, non ha mancato di sottolineare la ratio della legge 3/2012, dando maggiore rilevanza al principio di effettività della tutela giurisdizionale dei diritti del consumatore sovraindebitato, mentre l’altro ha inteso individuare il limite di siffatta tutela nell’ancora più generale (in quanto involgente un interesse collettivo) principiodella ragionevole durata delle procedure giudiziarie.

Più in particolare, il primo orientamento ha ritenuto di ammettere piani del consumatore con dilazioni lunghissime, anche di 20, 25 o 30 anni (Tribunale di Catania, decreti del 27.4.2016, 17.5.2016, 24.5.2016, 12.7.2016, 15.9.2016) ovvero di 18 anni (Tribunale di Napoli decreto 28.10.2015) o di 10 anni (Tribunale Napoli, decreto 18.2.2017). I parametri presi in considerazione da tale impostazione sono statiquelli per la rateazione nelle imposte erariali (di 72 o 120 rate) e per l’età del debitore,rapportata alla vita media degli uomini (79,3) o delle donne (84,6). In particolare, nei casi affrontati, i debitori risultavano proprietari di immobili, destinati a casa familiare e non inseriti nel piano del consumatore tra i beni da mettere a disposizione dei creditori, ritenendo di salvaguardare le esigenze abitative degli interessati e perseguendo, così, quel fine sociale cui la L. 3/2012 tende. Inoltre, in tali pronunce si è rilevato che la stagnazione del mercato immobiliare, le difficoltà di conseguire prezzi di vendita

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congrui in tempi accettabili e, non ultima, la considerazione che le risorse dei debitorisarebbero state penalizzate dall’esigenza di affittare un’abitazione con evidentedecremento di quelle disponibili per i creditori, inducono a ritenere non utilmentepraticabile l’alternativa liquidatoria.

Il secondo orientamento ha invece negato l’ammissibilità del piano nei casi di terminidi pagamento per 8 anni (Trib. Pistoia decreto 28.2.2014), per 12 anni (Tribunale di Ravenna, decreto 10.3.2017, per 15 anni (Tribunale di Monza, decreto 2.4. 2014), per 40 anni (Tribunale di Pisa, decreto 05.7.2017). Alcuni Tribunali si sono determinati ad ammettere le procedure ponendo un tempo massimo di ora 3 ora 5 (Tribunale di Rovigo 13.12.2016; Tribunale di Milano 27.11.16 ) ora 7 anni, prendendo a parametrodi riferimento le indicazioni della Cassazione (8468/2012) o dall’art 2 comma 2 bisdella l. n. 89/2001(Legge Pinto) che garantisce una ragionevole durata dello strumento che qualifica come tale quella massima di sei anni per le procedura concorsuali. Ed è possibile che tale parametro possa essere riferito anche alla procedura di sovraindebitamento che è procedura concorsuale anche per espresso riconoscimento legislativo (art. 6, c. 1).

Ritiene tuttavia questo giudice che non sia possibile optare per una aprioristicaadesione all’uno od all’altro dei citati orientamenti, senza tenere in debitaconsiderazione i caratteri peculiari e le specificità di ogni singola proposta di sovraindebitamento, atteso che, da un lato, proprio tale lettura è necessitata dalla stessaratio della legge 3/2012, ispirata all’esigenza di matrice comunitaria di tutelare l’impresa e il consumatore attraverso strumenti di risoluzione della crisi o dello stato di sovraindebitamento, riconoscendo un’altra “chance”; e dall’altro solo tale lettura è

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idonea a rendere realmente effettivo lo speciale strumento di tutela ideato dal legislatore.
Considerato pertanto che sussistono altresì i presupposti soggettivi ed oggettivi di cui agli artt. 8 e 9 della legge 3/2012 e che è rimasto incontestato, oltre che desumibile dalle indicazioni contenute nella relazione del professionista OCC, che il consumatore non abbia assunto obbligazioni senza la ragionevole prospettiva di poterle adempiere ovvero colposamente determinato il proprio indebitamento, il piano del consumatore va omologato.

P.Q.M.

1) omologa il piano del consumatore proposto da [omissis – IL CASO.it]
2) dispone l’immediata pubblicazione del presente decreto sul sito internet delTribunale di Como, a spese e cura del ricorrente.
Si comunichi.
Como 24 maggio 2018

SCARICA > OMOLOGA TRIBUNALE DI COMO 

 

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