Per stabilire se un tasso è usurario, in generale occorre tener conto anche delle condizioni previste dal contratto in caso di mora. Ma, visto che il calcolo più corretto sarebbe anche molto complesso, per stabilire che si è in presenza di un tasso usurariobasta che quello di mora sia «sensibilmente superiore» alla soglia fissata da Bankitalia. È la conclusione del complesso ragionamento che ha portato il Tribunale di Udine a dichiarare usurarie le condizioni di un contratto di leasing, con la Tribunale_Udine_26SET2014

Tribunale Ordinario di Udine del 26 settembre 2014, sentenza con la quale è stata condannata una Società di Leasing per aver pattuito in contratto condizioni del tasso di mora oggettivamente usurarie.

La sentenza condanna l’intermediario a restituire tutti gli interessi incamerati a causa dell’usura rilevata nel contratto di Leasing.

La Civileasing Spa è stata costretta a restituire la somma di Euro 356.779,80 ad un cliente, in quanto il Giudice ha ritenuto infondata la tesi sostenuta dalla società di Leasing, in propria difesa, secondo la quale il TEGM rilevato periodicamente dalla Banca d’Italia è determinato includendo solo gli interessi corrispettivi e non anche quelli moratori, pertanto ogni comparazione sarebbe impossibile trattandosi di tassi disomogenei fra loro.

Diversamente, il Giudice ha affermato che l’usura oggettiva deve essere stabilita in funzione alla  natura ed alla  tipologia del credito, e non alla diversa natura del tasso applicato ad esso (corrispettivo o moratorio). Pertanto l’unico tasso soglia rilevante ai fini del calcolo dell’usura è il TEGM rilevato periodicamente dalla Banca d’Italia.

Conseguenza di queste conclusioni è stata l’applicazione dell’art. 1815 secondo comma c.c., ai sensi del quale al cliente è stato accordato il rimborso del solo capitale puro, senza interessi costi commissioni e simili remunerazioni (perché il prestito deve intendersi a titolo gratuito), oltre che la restituzione, da parte della Civileasing, di tutti gli interessi versati dal cliente in corso di rapporto contrattuale.

Con tale sentenza, il Tribunale ha ribadito inoltre alcuni punti fermi per l’individuazione della presenza di usura nei contratti, vale a dire:

(a)    rilevanza degli interessi di mora, in quanto rientranti all’interno della categoria delle commissioni e remunerazioni a qualsiasi titolo convenute (e quindi anche quelle a titolo di mora);
(b)    divieto di somma tra tasso corrispettivo e tasso di mora, così come pattuiti in contratto, in quanto trattasi di operazione priva di fondamento logico matematico e giuridico;
(c)      ai fini della verifica sull’usura, il tasso di mora costituisce uno dei tassi semplici che integra il tasso corrispettivo, nel caso di mutamento del piano di ammortamento convenuto per effetto dell’inadempimento di una o più scadenze, concorrendo alla determinazione del costo effettivo annuo del credito erogato.

La via d’uscita, che il giudice vede nella ratio della legge 108/96, sta nel determinare il tasso effettivo globale annuo concretamente applicato, tenendo conto degli studi di matematica finanziaria che lo determinano il modo più alto per le rate già scadute. Ma, aldilà di calcoli complessi, nel caso in questione il tasso di mora era già tanto superiore a quello soglia che se il cliente avesse saltato tutte le rate e pagate tutte le more maturate, il costo effettivo del contratto avrebbe certamente superato il limite.

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