Bad Bank anche per l’Italia? Che cos’è e come funziona
Sbloccare la stretta creditizia e liberare risorse per a imprese e famiglie: è questa una delle prime necessità del sistema bancario italiano schiacciato dai cosiddetti crediti inesigibili, verso cui si è finalmente deciso di operare in senso concreto. Si tratta di quei soldi prestati a famiglie e soprattutto imprese che vanno sotto il nome di “partite a rischio”, ovvero crediti che difficilmente torneranno in pancia agli istituti stessi. Secondo le ultime stime dell’Abi le sofferenze nette hanno superato quota 150 miliardi, di cui una solo una parte minoritaria catalogabile come fisiologica all’attività bancaria. Una massa enorme di denaro che pesa sui bilanci e toglie operatività agli istituti. Le strade al vaglio per sbloccare queste partite di finanziamenti per tornare a disporre di finanza fresca per le imprese sono sostanzialmente due:
– Le cartolarizzazioni, ossia la vendita sul mercato di pacchetti di “Non Performing Loans” (Unicredit lo ha già fatto, Intesa lo farà a breve) che comportano una perdita secca per l’istituto, ma anche la possibilità di mettersi definitivamente alle spalle il problema e recuperare flessibilità gestionale.
– La creazione di una “Bad bank” nel cui perimetro confinare tutti i crediti problematici in attesa di tempi migliori. Un modo per prendere tempo sperando che una prossima ripresa possa sitemare le cose. Lo fece, con successo, la Fed americana tra il 2008 e il 2009, allorchè acquistò a prezzi stracciati titoli tossici prelevandoli dai portafogli delle maggiori banche statunitensi per poi farci tangibili plusvalenze qualche anno dopo, quando si apprezzarono e furono rivenduti in un mercato risanato.
Intesa Sanpaolo e Unicredit sembrano interessate in questo senso da un progetto realizzato col fondo americano Kkr per creare una Bad bank italiana. Privata e legata agli istituti interessati, giacchè l’ipotesi di una Bad bank nazionale e “di sistema” sembra ormai impraticabile. Vediamo nel dettaglio come funzionerebbe.
COS’E’ LA “BANCA CATTIVA”
Le bad banks vengono create ad hoc dagli istituti bancari in difficoltà che non riescono a smaltire grandi quantità di titoli tossici. Con questo strumento le banche si sdoppiano e cedono parte del proprio portafoglio ai nuovi veicoli societari che aiutano gli istituti di credito a depurarsi dalle perdite derivanti da crediti anomali, tossici e difficilmente esigibili. La bad bank gestisce i crediti anomali ricevuti, correndo tutti i rischi che ne conseguono e godendo, pertanto, degli eventuali rendimenti. Essendo poco sicura la loro realizzazione, i rendimenti risultano potenzialmente più alti.
GLI ASSET TOSSICI
Confluiscono nella Bad bank i titoli spazzatura che possono essere legati a mutui subprime piuttosto che prodotti o investimenti con elevato valore nominale, ma con valore di mercato prossimo allo zero. L’obiettivo è quello di depurare la parte sana dell’istituto finanziario dalle perdite derivanti da derivati e attività tossiche.
LA SCISSIONE AZIONARIA
Una volta isolati i titoli tossici all’interno della Bad bank, si effettua una scissione azionaria sia attraverso la sottoscrizione di azioni privilegiate da parte del governo, sia mediante l’emissione di azioni ordinarie che potranno essere rivendute sul mercato.
IL FATTORE TEMPO
A questo punto la Bad bank liquida i titoli in attesa che le condizioni del mercato migliorino e diminuisca il gap tra il valore nominale degli asset e il loro valore di mercato, molto più basso.
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