Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 6 giugno – 9 luglio 2014, n. 15609

È illegittima la segnalazione alla Centrale Rischi allorché non vi siano oggettive e ragionevoli opinioni di ritenere che il credito non verrà soddisfatto entro tempi congrui, sulla base di un sospetto qualificato dalla presenza di elementi sintomatici dell’inadempimento, con conseguente configurazione del diritto al risarcimento del danno.

Svolgimento del processo

Con sentenza del 24 maggio 2007, la Corte d’appello di Roma, in parziale riforma della sentenza definitiva del 25 novembre 2004 del Tribunale della stessa città, ha condannato la Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a. al risarcimento del danno in favore della Gesis s.r.l. nella misura di Euro 100.000,00, oltre interessi dal deposito della sentenza al saldo, per illegittima segnalazione del nominativo della società alla centrale di rischi.
La Corte ha ritenuto, sulla base della disciplina della materia, che la segnalazione dei rischi operata dalla banca fu illecita.
Ha premesso che presupposto della segnalazione non è né l’esistenza di un credito in sé, né uno stato di conclamata insolvenza, ma la ragionevole ed oggettiva opinione che il credito non possa essere soddisfatto in tempi congrui, sulla base di un sospetto qualificato dalla presenza degli elementi sintomatici dell’inadempimento.
Ha poi argomentato nel senso che il credito non era, nella specie, esigibile e che vi era controversia tra le parti sull’importo dovuto alla banca, quanto agli interessi calcolati; che, quindi, non vi era alcun inadempimento e che da nessun elemento emergeva una situazione di pericolo, anche perché il credito di L. 142.000 sussistente alla data della segnalazione del 17 novembre 1997 era assistito dalle fideiussioni personali di P.F. e T.P. e da garanzia reale, mentre nel gennaio dello stesso anno era stato accordato un finanziamento ampiamente restituito sino ad allora, senza che nessun nuovo fatto negativo fosse emerso; ha aggiunto che la società aveva rapporti contrattuali significativi con grandi società di servizi.
La banca, quindi, allorché nel gennaio 1998 aveva revocato il fido, dopo che la cliente aveva comunque manifestato la volontà di risolvere il rapporto, e concesso un giorno di tempo per il rientro, appariva aver tenuto una condotta contraria a buona fede, atta piuttosto a giustificare ex post l’avvenuta segnalazione.
Con riguardo, in particolare, al quantum del risarcimento, ha escluso la debenza del danno da lucro cessante (Euro 593.925, secondo il tribunale) e ridotto il danno emergente (Euro 290.920, secondo il tribunale): infatti, la società aveva proseguito la sua attività, con fatturato pressoché immutato; dopo tre anni, i soci avevano posto la società in liquidazione e costituito la Gesis Italia 2000 s.r.l., utilizzando la medesima denominazione, evidentemente reputata non compromessa, ma anzi desiderabile presso la clientela.
Ha determinato, dunque, in via equitativa il danno alla reputazione commerciale e non patrimoniale nella misura di Euro 100.000,00, ai valori attuali e comprensivo degli interessi per la tardiva disponibilità della somma.
Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione la Gesis s.r.l., sulla base di due motivi.
Resiste la banca con controricorso, proponendo ricorso incidentale affidato a nove motivi.

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